sabato 16 aprile 2011

Leadership training: fattore di successo per accrescere efficienza ed efficacia in ogni settore. Dott.Roberto Agnello (Dirigente PwC)




Qualche tempo fa la solita routine che accompagna un ordinario viaggio in aereo per lavoro, è stata bruscamente interrotta da un episodio che in un primo tempo mi ha suscitato una sensazione di fastidio, ma dopo alcuni giorni si è trasformato in una piacevole lezione di leadership.
Ore 6.45, tutti siamo già entrati nell’aeromobile con destinazione Milano Linate, e dopo le usuali procedure d’imbarco ci siamo anche “comodamente” sistemati. Con qualche espediente, non proprio ortodosso, sono anche riuscito a occupare uno dei posti nelle prime file, che come sanno tutti quelli che viaggiano spesso per lavoro, sono sempre i più ambiti.
A un tratto però la mia attenzione è stata rapita da un comportamento, per me al quanto insolito, tenuto dalla responsabile del personale di bordo: il suo volto esprimeva un certo stato di disagio, era scomparso il proverbiale sorriso che contraddistingue la categoria delle hostess, e a un tratto con passo insolitamente frettoloso, aveva iniziato a contare le persone sedute nelle prime file, compreso me.
Il tutto è durato pochi secondi ma, come si può facilmente immaginare, il tempo sembra molto più lungo quando succede qualcosa d’insolito a bordo di un aereo che sta per decollare. Tuttavia la curiosità ben presto si è trasformata in irritazione, non appena per tutti noi è stato chiaro, attraverso le parole della ragazza, quello che si stava verificando:
“Signori passeggeri sono molto spiacente ma, per disposizioni del Comandante di quest’aeromobile, tutti quelli che occupano le prime tre file alla mia destra, si devono immediatamente alzare e si devono accomodare nei posti in fondo. Mi rendo conto che per voi è un disagio, ma non dipende da me; se avete dei reclami, al nostro arrivo a Milano li potrete fare direttamente al Comandante”.
Le parole dell’hostess, dette con tono molto deciso, voce squillante e atteggiamento un po’ minaccioso, sono arrivate a tutti come un pugno sullo stomaco. Ovviamente tutti i soggetti indicati dalla hostess, sono stati costretti a cambiare posto ma lo hanno fatto con grande lentezza e tra mille lamentele esplicite o con palesi atteggiamenti di disapprovazione e risentimento.
La settimana successiva, riprendo lo stesso volo per Milano e, come se la compagnia aerea mi volesse fare un simpatico scherzo, rivivo la stessa assurda scena ma questa volta con una variabile umana che fa cambiare tutto.
Infatti, la responsabile di bordo chiamata a risolvere la questione non ha perso il suo proverbiale sorriso…anzi, appare più piacevole del solito; il suo volto è visibilmente rilassato, la sua postura non lascia presagire nulla di brutto e il suo tono di voce risuona più piacevole che mai:
“Signori, abbiamo un piccolo problema a bordo ma facilmente risolvibile grazie alla vostra collaborazione. Il comandante mi ha chiesto d’informarvi che sei persone sedute nelle prime cinque file, dovrebbero essere così disponibili e gentili da spostarsi nelle file posteriori. Ed io guardandovi, sono certa che questa mattina tra voi ci sono molto più di sei persone gentili e comprensive, disposte a darmi una mano per risolvere il problema e consentirci di partire puntualmente.”
Immediatamente, uno dopo l’altro si alzano i sei volontari, tutti sorridenti e fieri di mostrare agli altri passeggeri che sono proprio loro le persone gentili e disponibili di cui si sta parlando. In men che non si dica l’operazione è portata a termine ma la cosa più sorprendente e che nessuno accenna la minima lamentela o si mostra risentito.
Se non avessi vissuto sulla mia pelle lo stato di disagio e il fastidio che era stato generato nella vicenda analoga, vissuta nel volo di una settimana prima, probabilmente avrei sottovalutato il valore della lezione che stavo ricevendo.
La percezione dell’hostess che si trovava di fronte a me, al centro del corridoio dell’aereo, aveva subito una brusca variazione: adesso non vedevo più semplicemente la “responsabile del personale di bordo” ma la team leader del personale di bordo. E questo era stato possibile grazie alla sua abilità nel comunicare e alla sua maestria nel negoziare un piccolo sacrificio con un appagamento emozionale.
Le tecniche di team leader che la donna aveva saputo apprendere e interpretare con maestria, le avevano consentito di svolgere bene, in modo efficiente ed efficace, la sua qualifica di “capo”.
Questa piccolo episodio mi è stato molto utile a comprendere ciò che con forza sostiene D. Goleman, quando scrive che “la leadership non è un esercizio di potere, ma l’arte di persuadere gli altri a lavorare per un obiettivo comune”.

Nel corso della mia attività professionale come consulente presso Enti pubblici, non di rado sono stato oggetto di quesiti-lamentela da parte dei “capi” i quali mi chiedevano:
“Come si fa a raggiungere dei risultati decenti quando non fanno altro che tagliarci le risorse?”
Oppure “come posso riuscire ad ottenere dei risultati con collaboratori inaffidabili e lavativi come quelli che lavorano nel mio reparto?”
E infine “come facciamo a svolgere la mole di lavoro che ci viene richiesta con così poche unità lavorative a disposizione?
Per tutti loro, sono fermamente convinto, esiste una sola risposta in grado di soddisfare parimenti tutte le parti in causa: per condurre al successo un piccolo gruppo di lavoro o una realtà molto più complessa, i compiti da svolgere e le capacità richieste non cambiano, è necessario essere allenati alla leadership!
Harry S. Truman in suo famoso discorso pubblico ha affermato che “nel periodo in cui non vi è alcuna leadership la società resta immobile”.
Questa profonda verità ci aiuta a comprendere che le crisi economiche, politiche e sociali in realtà non sono altro che una manifestazione di una patologia molto più profonda che ha le sue radici proprio nella crisi di leadership.
Non esistono sistemi infallibili per diventare leader, se fosse così facile molte più persone in ruoli di leadership, mostrerebbero le capacità di leadership.
Tuttavia è dimostrato e dimostrabile che ogni qual volta un team leader si mette in discussione con umiltà e si avventura con curiosità ed interesse nel campo dei “soft skill”, imparando ad affinare le proprie capacità e conoscenze intellettuali sulle dinamiche che conducono il gruppo di lavoro al successo o sulle tecniche di comunicazione efficaci che permettono di dirimere i mille conflitti quotidiani, propri di ogni ambiente di lavoro o infine l’arte di negoziare per il giusto compromesso tra interessi personali e interessi di gruppo, i risultati non tardano ad arrivare.
Un giorno un mio caro amico, appassionato di escursioni in montagna con i fuori strada, mi ha portato con se in una “gara” organizzata dal club di cui era socio. Era una persona umile con poche risorse economiche, ma tutti lo trattavano da capo.
Il suo fuoristrada era il più vecchio di tutti ma non si fermava mai e riusciva a superare ostacoli impossibili ad auto di ultimissima generazione.
Due giorni dopo la gara andai a trovarlo e scoprii il segreto del suo successo con i fuori strada: era riuscito ad aggregare un gruppo di amici, tutti esperti di meccanica e appassionati di fuori strada, con i quali si ritrovava alla fine di ogni “gara” per smontare pezzo per pezzo il suo fuori strada, ingrassarlo in tutte le parti meccaniche fondamentali, sostituendo di continuo quelle logorate. In cambio metteva a disposizione di ciascuno dei membri del suo improvvisato team, il fuori strada ogni volta ne avessero bisogno. La vettura, ormai da rottamare per la gente comune, in assenza di risorse sufficienti per una sua sostituzione, era stata trasformata in uno strumento di successo nelle mani di un leader e di un team.
Lo psicologo Stanley Milgram, spinto dal desiderio di capire i fattori psicologici che hanno condotto buona parte del popolo tedesco a partecipare attivamente allo sterminio durante il regime nazista, ha dimostrato sperimentalmente l’esistenza di una fortissima disponibilità di persone adulte a seguire, fino all’estremo, l’ordine di un’autorità; e ciò per il semplice fatto che tale ordine arrivasse da soggetti da loro percepiti come “il capo”.
Questi studi scientifici non lasciano più spazio ad alcun dubbio sul valore sociale che assume la leadership: per il semplice fatto che una persona ricopre il ruolo di “capo”, il suo comportamento non può più essere considerato neutrale per la collettività. Le scelte di un “capo”, i suoi comportamenti, le sue decisioni o indecisioni, le sue virtù o i sui difetti sono destinati ad influire, positivamente o negativamente, sul modo di agire e di pensare di molti individui, in qualsiasi situazione o ambiente egli operi

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