lunedì 15 novembre 2010

La savana degli animali


C’era una volta una Savana situata a Sud del mondo, nel punto in cui la stella del mattino saluta l’aurora. Un tempo, questa Savana era stata straordinariamente ricca di vegetazione, di acqua e di colture d’ogni tipo. Migliaia di specie animali vi prosperavano e vi dimoravano in pace e in equilibrio svolgendo ognuno la propria funzione all’interno della catena alimentare. Le stagioni trascorrevano scandite dai ritmi quieti della natura. Una primavera però il tempo iniziò a dare segni d’instabilità. Grandi folgori squarciavano il cielo terso e venti minacciosi sferzavano l’aria. Poi giunsero, insieme alle nubi, interminabili temporali e per lungo tempo la Savana degli animali fu avvolta dalle tenebre. Nel mezzo di questo quarantotto, molti animali cercarono rifugio e altri si organizzarono in gruppi combattendo tra loro.
A un certo punto un Leone possente, grassoccio e generoso che era stato da molti acclamato quale Re della Savana degli animali, nel corso di una battuta di caccia finì impantanato dentro le sabbie mobili e nel tentativo di salvarsi si ferì gravemente a una zampa. Il leone grassoccio avrebbe voluto continuare a governare gli animali, ma una schiera di fieri leoni, capeggiati dal capobranco di un clan più forte e numeroso gli chiese con veemenza di farsi da parte. Si sollevò a quel punto un forte clamore tra gli animali; alcuni difatti invocavano a furor di popolo l’eroe Leone che si era ferito alla zampa, altri invece appoggiavano il capobranco e già lo acclamavano a Re della Savana. A quel punto venne convocata l’assemblea generale degli animali. L’assemblea iniziò di mattina presto e si concluse dopo il tramonto. Tra gli animali dell’assemblea vi era persino una piccola minoranza che avrebbe voluto nominare Re della Savana il Gipeto meridionale, ma quest’ipotesi non fu neanche presa in considerazione dal popolo animale. Un leone, piuttosto ossuto e con una criniera bianca e rada e con due folti baffi neri agì d’astuzia ed approfittando delle divisioni in seno al branco riuscì ad essere acclamato “re” della foresta, in forza di un programma sintetizzato in uno slogan: “Autonomia idrica ed alimentare”. Non tutti gli animali comprendevano cosa volesse dire, ma lo acclamarono comunque, scoprendo ben presto il senso di quel messaggio. Era già da molti anni che non pioveva più. L’acqua veniva portata nella Savana grazie agli enormi elefanti, che dopo averla raccolta al di là delle montagne, la riversavano con le loro pelose proboscidi in grosse fosse scavate nel terreno. Bene o male tutti gli animali potevano beneficiare di quell’acqua secondo la gerarchia piramidale prevista dalla natura: prima i leoni, quindi tutti i predatori minori , poi gli erbivori ed infine tutti gli altri animali. Il leone autonomista che era appena stato incoronato, impose un programma di governo ben preciso che fu annunziato da un banditore in tutta la Savana: “dobbiamo scavare un grande pozzo per attingere l’acqua direttamente” – disse - “ lo dobbiamo fare per tutti gli animali, per evitare gli estenuanti viaggi degli elefanti: occorre tornare ad essere indipendenti ed autonomi per ripristinare finalmente la prosperità dei tempi dei nostri padri”.

Allora tutti gli animali furono messi a turno a scavare quest’enorme pozzo. Anche alcuni leoni ed elefanti dovettero contribuire all’enorme scavo. Nonostante ciò però la costruzione del pozzo proseguiva a rilento e di acqua non c’era alcuna traccia. Per di più si preannunziava un’estate particolarmente torrida e molti animali decisero improvvisamente di migrare verso le Montagne; così da un giorno all’altro intere colonie e branchi lasciarono per sempre la Savana. Coloro che andavano via erano molto spesso sani e vigorosi giovani di antilopi, zebre, gnù, volatili e di altre specie, che preferivano fuggire da quella terra stanchi di bere un’acqua che cominciava a essere putrida e maleodorante alla ricerca di un maggiore benessere nelle floride e rigogliose terre del Nord verso le Montagne. Questa grande migrazione aveva rallentato ulteriormente i lavori del pozzo. Il Re Leone allora, attribuendo parte della colpa di questa mancanza di risorse al precedente governo decise di estromettere dalla savana tutti i familiari del suo panciuto e munifico predecessore, reo di non aver pensato prima a scavare quel pozzo. Fatto ciò decise di inviare sullaltopiano al di là delle Montagne due dei suoi più leali compagni per richiedere agli animali di quelle terre delle scorte d’acqua. Approfittando intanto dei dissapori interni su chi dovesse essere il coordinatore del clan dominante dei Leoni, dapprima mise tutti i leoni l’uno contro l’altro e poi li estromise definitivamente dalla caccia nella Savana. Gli altri animali assistevano impauriti e stupiti da tutto quel gran litigare e s’incominciarono a domandare se d’improvviso l’assenza di leoni avrebbe comportato il proliferare delle altre specie; lamentavano la lentezza della costruzione del pozzo e impauriti rimpiangevano il tempo in cui gli elefanti portavano l’acqua dalle terre vicine. Nonostante questo gran malcontento il Re Leone autonomista, ebbe un’idea. Chiamò innanzitutto al suo cospetto le Pantere Nere per riportare le REGOLE all’interno della Savana e per razionare le risorse. Le pantere nere razionarono le risorse imponendo uno straordinario piano alimentare: tutti gli animali potevano bere solo una volta al mese, si poteva bere solo nelle quantità previste dal regio decreto e venne stabilito che all’interno della Savana le pantere nere potevano avere gli stessi diritti e privilegi dei leoni. Poiché però i predatori non erano ancora sufficienti, il re leone pensò di farsi aiutare nella caccia dai lupi, animali che normalmente vivevano nelle Montagne e che con le pantere andavano tradizionalmente d’accordo. Ciò causò un gran fermento, nessuno aveva mai visto cacciare insieme lupi e pantere nella Savana. Vi erano all’interno di quel branco lupi che fingevano di non cacciare, salvo attaccare a man bassa quando non erano osservati, altri che disapprovavano la scelta preferendo di gran lunga le steppe e le montagne all’afa e alla calura della savana. Il loro capobranco rispondeva a chi li incontrava con lo stesso ritornello: “abbiamo sconfitto i leoni e cacciamo per il bene della nostra comunità”. Intanto le iene stridule ridevano e strepitavano, raccontando a tutti gli animali i retroscena di ciò che stava avvenendo. Narravano persino di losche frequentazioni del re leone che era stato visto più di una volta in riva al mare a confabulare con pescecani e piovre. Le scimmie strillavano, seguendo in folti gruppi sulle cime degli alberi i vari protagonisti di questi loschi traffici, emettendo stridule grida e acclamando di volta in volta l’animale che più tra questi si mostrava valente. Il processo di desertificazione intanto proseguiva inarrestabile, di acqua non c’era traccia da nessuna parte, i lavori del pozzo sembravano essere stati interrotti per certi poco chiari interessi dei pescecani e restava poco tempo ormai per trovare una soluzione. L’anarchia rischiava di dilagare nella Savana, e gli animali più intraprendenti si iniziarono a riunire in piccole assemblee alla ricerca delle soluzioni tecniche per recuperare l’acqua dal pozzo. Gli Gnù rimpiangevano l’acqua degli elefanti e chiedevano a questi di ricominciare a viaggiare di là dalle Montagne, gli elefanti però erano ormai anziani e tutti i giovani erano andati via al tempo delle migrazioni lasciando per sempre la Savana; in tutta questa confusione alcuni giovani leoni tramavano alle spalle del Re invocando a gran voce il ritorno dei leoni leali, partiti verso gli altopiani. Un giorno un falco che era uno dei più fidi consiglieri del re, decise di librarsi dall’albero in cui era appollaiato per scrutare cosa avveniva al di là della savana. Vide poco al di fuori della savana una piccola oasi in cui alcuni cammelli stavano riuniti piuttosto numerosi in cerchio vicino al mare: non si erano mai visti dei cammelli parlare in cerchio e discutere di pozzi e di acqua. Di solito, infatti, i cammelli sono animali schivi e vivono in piccole oasi. Intere generazioni di cammelli, nonni, padri e figli, si accontentano di poco e condividono quello che hanno all’interno di quei circoscritti territori. I loro nuclei familiari di tradizione patriarcale, seguono pochissime regole ed in grande libertà, e con responsabilità i più giovani crescono i piccoli cammellini sotto lo sguardo amorevole dei genitori; se proprio devono viaggiare, lo fanno in fila indiana facendo un’ampia riserva d’acqua prima di mettersi in cammino. I cammelli non amano bere l’acqua della palude, la trovano infatti nelle loro oasi e normalmente non suscitano l’interesse dei predatori, sono gruppi troppo piccoli da cacciare e anche una volta catturati, continuano a battersi scalciando e mordendo, da ultimo la loro carne è davvero dura da masticare, probabilmente ciò è dovuto alla vita che conducono.

I cammelli hanno tra i loro avi i famosi animali che accompagnarono in un lungo viaggio i tre re sapienti di oriente per seguire una stella nel cielo.

Con sua grande sorpresa il falco vide passare, ad uno ad uno da quell’oasi alcuni leoni , lupi e pantere, che si erano spinti assetati fin lì per ricercare dell’acqua. I predatori si meravigliarono che i cammelli non si dessero alla fuga, che neanche si intimorissero della loro presenza: incerti sul da farsi, domandarono loro quale fosse il motivo di quella riunione non autorizzata. Uno di loro rispose: “ Non capite? Gli elefanti non portano più l’acqua nella savana, e il lavoro di costruzione del pozzo si è già più volte interrotto. Stiamo riflettendo sul da farsi”. E che cosa avete deciso di fare? – chiesero i predatori , “pensate anche voi di abbandonare la savana? “ “No naturalmente” - rispose loro il cammello – “ ci sposteremo di oasi in oasi alla ricerca di altre specie animali che insieme a noi, all’ombra dei palmizi, vogliano trovare il modo di salvare la nostra amata savana“.

E così mentre il falco si librava in alto raggiungendo solitario le cime innevate dei padri alla ricerca di nuovi territori i cammelli mediterranei, liberi e solidali salutarono i predatori, lasciandoli immersi nelle loro occupazioni quotidiane.

Peter Camel


Novella liberamente ispirata alla fattoria degli animali di George Orwell -

(n.d.r. ogni riferimento a pesone, situazioni o personaggi realmente esisiti è puramente casuale)

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