mercoledì 10 novembre 2010

Petro Camelus e il piccolo Principe di Claudia Corleone


C’era una volta, tanto tempo fa un piccolo cammello che si chiamava Petro Camelus, detto Petro. In realtà lui non sapeva di chiamarsi così, ai cammelli non importa avere un nome, né dare un nome alle cose, questa, è piuttosto un’abitudine del genere umano.

Petro aveva quattro esili zampe lunghe quasi due metri, due piccoli occhi neri con ciglia lunghissime che sbatteva forte ogni qualvolta si stupiva, un collo robusto e due gobbe dentro le quali conservava provviste di cibo e acqua a volontà, per questo non soffriva mai né la fame né la sete. Ah dimenticavo! Aveva anche un pelo arruffato color miele.

Era felice di vivere libero nel deserto. Durante il giorno, correva fra le dune di sabbia dorata, giocando col vento, la sera ammirava i tramonti e la notte si addormentava sotto un cielo stellato. Aveva però un cruccio, quello di aver perso la sua famiglia, formata da mamma, papà e 5 fratelli. Tuttavia poiché era un tipo speranzoso e non si perdeva mai d’animo, percorreva centinaia di chilometri ininterrottamente convinto che presto l’ avrebbe ritrovata.

Un giorno, sbattendo le lunghe ciglia al primo bagliore dell’alba, vide delle piccole orme sulla sabbia. Non si poteva certo dire che fossero zoccoli, sembravano piuttosto i piedi di un bambino. Petro era sorpreso e incuriosito nello stesso tempo. Non aveva una buon’opinione degli uomini, perché l’esperienza gli aveva insegnato che erano cattivi. Per colpa loro aveva perso la sua famiglia. “Ma i bambini sono di una razza diversa” – pensò - “Non hanno nulla a che fare con gli uomini, anche se a volte lo diventano"; e poi guardando quelle piccole tracce, sentiva che dietro queste non si poteva nascondere una minaccia, semmai qualcosa di bello e prezioso. Era del resto un tipo fiducioso e coraggioso Petro, sapeva sempre quello che doveva fare non perché ci ragionasse nelle cose, ma perché le sentiva, le sentiva veramente, in fondo al suo cuore.

Non dovette camminare a lungo; infatti, colui che aveva lasciato le impronte sulla sabbia, si trovava proprio dietro una duna, davanti a lui.

Era seduto all’ombra di un grande albero frondoso vicino al quale scorreva l’acqua di una fontana; stava giocando con un rametto secco e intorno a lui spuntavano continuamente dalla sabbia umida piccoli fiori blu.

Era il Piccolo Principe. Appena lo scorse, Petro, sbatté forte le lunghe ciglia, poi vedendo l’acqua sgorgare ne approfittò per farne una bella provvista. Ne bevve circa cinquanta litri tutti in una volta.”Che sete che hai!” Esclamò il Piccolo Principe. Petro non sapeva che dire, scrollò le spalle e continuò a bere. “Come ti chiami?”- “Non so”- “A cosa ti servono quelle due gobbe?”- “Non so”- “Come fai a bere tutta quell’acqua?- “Non so”- “Come fai a non sapere niente?” “Non so”- A Petro dispiaceva non potere rispondere alle domande del Piccolo Principe: non era superbia, ma non sapeva niente, veramente niente, assolutamente niente. O almeno così credeva. Tuttavia sentiva che quel bambino con i capelli color dell’oro e la pelle pallida come la luna era speciale; sembrava un angelo del deserto, e volendo dirgli qualcosa di bello fece: “Rummel”, che è il verso dei cammelli. I bambini solitamente imparano a pochi anni che le pecore belano, i cani abbaiano, i gatti miagolano, i cavalli nitriscono, gli asini ragliano, e persino che gli elefanti barriscono, ma difficilmente i genitori insegnano loro che i cammelli fanno “Rummel”.

Ad ogni modo Petro fece” Rummel” e il Piccolo Principe gli sorrise. E’ così che nacque la loro amicizia.

Il Piccolo Principe era già stato nel nostro pianeta, ma in un'altra storia. “Ti piacciono i miei disegni?” – chiese. Petro non vedendo segni sulla sabbia, né fogli di carta, squadre o pastelli e cose di questo genere in giro, rispose: “Non so, io non vedo nulla!” - “Guarda” disse il Piccolo Principe indicandogli la fontana in cui si era appena abbeverato, l’albero pieno di foglioline verdi e ed i fiori blu. Petro sbatté forte le ciglia “Le hai disegnate tu queste cose?” - “ Si, è stato un aviatore ad insegnarmi a disegnare. L’ho incontrato tanto tempo fa, nel mio primo viaggio sulla terra. Siamo diventati amici proprio in questo deserto. E pensare che all’inizio credeva di non essere in grado di disegnare e di sapere soltanto riparare il suo aereo, e invece per quanto si affannasse non riusciva ad aggiustarlo, ma era capace di fare disegni bellissimi, avrebbe dovuto fare l’illustratore di fiabe, invece di volare.” Sorrideva, mentre parlava del suo amico, ma poi di colpo i suoi grandi occhi celesti si adombrarono di tristezza e disse: “Purtroppo non l’ho più rivisto da allora, chissà, forse si è perso nel cielo. Spero un giorno o l’altro di ritrovarlo” – “ Anche io spero di ritrovare la mia famiglia, un giorno o l’altro” – esclamò il piccolo cammello. “Cosa ha di così speciale la tua famiglia? “ In vero, il piccolo Principe non sapeva neanche che cosa fosse una famiglia, non ne aveva mai sentito parlare andando in giro per l’Universo – D’altronde Petro non lo sapeva, tanto per cambiare, ma ricordava la lingua calda e ruvida della mamma che con pazienza gli puliva le orecchie e gli accarezzava il pelo riccioluto e il sapore dolcissimo del latte che usciva dal suo seno, la voce possente del babbo che richiamava all’ordine tutti quanti e la marcia in fila indiana: lui che era il più piccolo dietro la mamma, il papà che era il capo famiglia davanti e tutti gli altri dietro. Li ricordava bene, uno per uno: il papà era alto alto e grosso grosso, la mamma un po’ meno grossa di lui e i 5 fratelli un po’ più grossi della mamma e meno grossi del papà, ma più grossi di lui che era il più piccolo. Tutti col pelo del suo stesso colore, ma la mamma l’aveva un po’ più chiaro e liscio. Era bello sentirsi parte di un gruppo. Petro raccontava al Piccolo Principe, che ascoltava con attenzione, tutte le cose che faceva con la sua famiglia, fino a al giorno in cui arrivarono gli uomini a cavallo. Ripensò con orrore a quegli individui che con la corda avevano cercato di farlo prigioniero, sentiva ancora il furore delle loro urla e lo schioccare della frusta. Quel ricordo gli fece digrignare i denti, alzare la coda, sbatterla forte su e giù e fare la pipì, cioè fece quello che aveva visto fare a suo padre per difendere la sua famiglia e che fa un cammello quando si arrabbia, cioè diventa furioso. Il Piccolo Principe indietreggiò dallo spavento. Ma Petro lo rassicurò “ Non temere, ti ho fatto soltanto un esempio; i cammelli sono animali mansueti e generosi, reagiscono in questo modo soltanto quando si sentono trattati male. Se quegli uomini fossero stati gentili, ci avessero chiesto il favore di seguirli e lavorare per loro, ci saremmo potuti mettere d’accordo e avremmo accettato volentieri di far parte della loro carovana. Invece quelli volevano prenderci con la forza e renderci prigionieri con l’inganno. Avrei voluto fronteggiarli e morderli come vedevo fare a mio padre e ai miei fratelli più grandi, e stavo per farlo! Ma la mamma mi afferrò dalla coda , obbligandomi a scappare” Egli aveva in testa ancora le sue grida:“Corri, corri .. più veloce che puoi, più veloce del vento!” – Petro continuò a raccontare che allora aveva iniziato a correre come gli aveva raccomandato la mamma, più veloce che poteva, più veloce del vento. Per giorni non aveva fatto altro che correre. Aveva corso, prima inseguendo il vento, poi superandolo, ancora più veloce, lontano, sempre più lontano dagli uomini che volevano togliergli la libertà, ma purtroppo anche lontano dalla sua famiglia di cui, da allora, non aveva avuto più notizie. I cammelli sono animali silenziosi, ma quando iniziano a parlare non la finiscono più, così Petro raccontava, raccontava, e non avrebbe più finito di blaterare se il Piccolo Principe non l’avesse interrotto.

“Ho capito, ho capito, la famiglia è una cosa meravigliosa, vedo che conosci molto bene le cose che ti interessano e ne parli volentieri. Anche io amo la mia rosa; per questo sto disegnando un’astronave, per ritornare nel mio pianeta. Lei é la mia famiglia. Mi manca. Vorrei disegnartela, ma purtroppo non posso far rivivere ciò che amo e già mi appartiene”- Il suo cuore batteva forte, forte mentre parlava, Petro lo sentiva. Stettero, quindi, qualche minuto in silenzio, poi il piccolo Principe disse:“Vorrei fare un bel disegno per te, prima di andare via, dimmi, cosa ti piacerebbe?” – “ Non so”- rispose con timidezza Petro, ma il Piccolo Principe lesse nei suoi occhi e disse: “Io veramente posso disegnare soltanto ciò che conosco a fondo. Ma, … ma, tu mi hai parlato della tua famiglia, in modo così dettagliato, che credo di conoscerla molto bene, voglio provarci.” Il Piccolo Principe incominciò a camminare da una parte all’altra della duna tracciando segni sulla sabbia, per ore. Petro lo guardava sbattendo le sue lunghe ciglia nere : “Ecco fatto” – disse ad un certo punto. Petro osservò attentamente e vide la sua famiglia disegnata sulla sabbia. Era un disegno bellissimo, ma … “Ecco fatto” - ripeté il Piccolo Principe e sollevò i disegni con il rametto secco. Adesso il disegno era diventato a rilievo, una vera opera d’arte, ma … – “Ecco fatto” disse ancora Il Piccolo Principe e soffiò sui disegni in rilievo. Essi così diventarono bellissime statue di sabbia , ma … “Ecco fatto ”- Esclamò per l’ultima volta il Piccolo Principe con un filo di voce, mentre le statue a poco a poco prendevano colore e si animavano.. Era molto stanco, ma soddisfatto. Scorgendo il Piccolo Principe, i cammelli usciti fuori dalla sabbia, si allontanarono correndo. Soltanto mamma cammella aspettò Petro che esitava a lasciare il Piccolo Principe. Ma egli lo spronò: “Dai su corri da loro!”. Così Petro sbatté forte le lunghe ciglia scure e rivolto al Piccolo Principe fece Rummel roteando bene la R, quindi raggiunse la sua famiglia.



Dedico questa storia a Piero, anche se non è più un bambino perché lo è stato e se mi ha chiesto di scrivere una favola forse un po’ lo è rimasto, perché non può essere un caso se ha fondato un’Associazione chiamata “Camelos”, perché crede negli ideali che promuove e perché il suo motto è “Save the Camel!”

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